ROMA (di Gabriele Grimaldi) – “L’infortunio contro il Belgio non me l’aspettavo. Mi sentivo da dio, mi sentivo di volare in campo. Il rientro? In base alla mia scaletta mentale a novembre rientro in gruppo per respirare l’aria di squadra. Me lo auguro perché vorrebbe dire che va tutto alla grande“.
A parlare è il folignate Leonardo Spinazzola che durante la puntata di “Ti Sento”, in onda qualche sera fa sulla Rai, si è raccontato a cuore aperto in quella che per lui è stata la prima intervista face-to-face in televisione. Dall’inizio alla pistarella di pattinaggio sotto casa alla Virtus Foligno, dal primo incontro con la moglie Miriam Sette fino alla vittoria dell’Europeo con l’Italia di Mancini e all’emozionante saluto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
L’esterno della Roma ha parlato di tutto e di più, svelando al conduttore Pierluigi Diaco anche tanti retroscena curiosi e molto personali legati alla sua carriera calcistica e non solo.
CARATTERE – “Io ci sto comodo nella mia timidezza, a me piace stare sottotraccia. Quando vado al ristorante e mi vengono a chiedere una foto, mi vergogno“.
IL GRUPPO NEL CALCIO– “Tutti devono sapere il proprio ruolo e sentirsi alla pari, senza avere l’idea di essere protagonisti più di altri. Mister Mancini e il suo staff in questo hanno avuto un grande merito perchè ci hanno trattato tutti alla stessa maniera”.
SOPRANNOME – “Mancini mi chiama Leo o Spina, mentre i compagni Spina. Mi piace? Meglio Spina di Spinazzola che odio…perchè non mi piace cihamare le persone che conosco per cognome, mi dà quasi un senso dispregiativo. Se mi chiamano Leo sono ancora più felice”.
AMICI GIOCATORI – “A parte Cristante e Mancini con cui gioco da tanto insieme, sono molto legato a Toloi. Durante i 40 giorni di Europeo ho stretto molto con Locatelli e Berardi che prima non avevo avuto l’opportunità di conoscere”.
EUROPEO – “Abbiamo passato cose che ci porteremo per tutta la vita. Io voglio bene a tutti e tra di noi giocatori ci diciamo ‘ti voglio bene’. Il giorno dopo la finale, quando siamo tornati in Italia per i festeggiamenti, nessuno voleva andare via”.
EMOZIONI EUROPEE – “Con questo infortunio ho provato emozioni incredibili. Fino alla partita col Belgio ero come in un’altra dimensione: volavo, stavo benissimo in campo e mi sentivo fortissimo…come mi sento ancora di più oggi. Dopo c’è stata l’operazione, la semifinale, la finale vissuta lì in casa loro (dell’Inghilterra ndr), abbiamo vinto e fatto un pezzo di storia. Per me è stato tutto amplificato”.
RICORDI D’INFANZIA – “La mia cameretta confinava con il bagno. Mio padre alle sette di mattina si svegliava, faceva la doccia e accendeva il phon. E da quel suono sapevo che avevo altre due ore per dormire… Papà Raffaele aveva un ingrosso e andava a prendere gli ordini in giro per l’Umbria, le Marche e l’Abruzzo e in base a dove doveva andare si alzava prima o dopo. Mi ricordo che quando stavo male mia madre mi passava il phon sulla pancia”.
PAPA’ – “C’è sempre stato. Lavorava e la sera quando rientrava facevamo a lotta sul letto. Come fa con mio figlio Mattia ora. Una cosa che ho preso da papà? La bontà. Lui forse è troppo buono. Una cosa in cui siamo diversi? L’equilibrio. Io l’ho trovato crescendo, lui forse un po’ meno. E’ una cosa che si trova, non si insegna. Come? Per esperienza personale, dalle batoste, dai pali in faccia, dagli infortuni e da altre piccole esperienze”.
CALCIO E RAPPORTI CON GLI ALTRI – “Valgono le stesse regole, sapendo che viviamo in mondi diversi e che magari gli altri non sanno certe situazioni. Chi è al di fuori non vede tante cose. Col calcio io sono partito molto presto e sono dovuto crescere per forza prima. A 14 anni o cresci subito o torni a casa dalla mamma”.
MAMMA – “E’ solare come me. Mi rivedo in lei. Sempre presente, tosta, una con gli attributi.Avevo 3-4 anni quando giocavo con mamma. Vincevo io, ma non so se era lei che mi faceva vincere… Giocavamo a Supermaria e mamma Simonetta si divertiva molto”.
AMORE FAMILIARE – “Noi, incluse le mie sorelle di 42 e 39 anni, siamo una famiglia forse anche troppo attaccata. E’ un bene, siamo sempre molto affiatati e anche loro ci sono sempre state. Anche io e Miriam siamo uguali con i nostri figli, mi ritrovo l’amore ricevuto dai miei genitori. Quando posso devo andare a vedere mio figlio che gioca al campetto. Vorrei amare i miei figli come i miei genitori hanno amato me”.
SCUOLA A FOLIGNO – “Andavo malissimo alle medie perchè ero di carattere un pochino…acceso e rispondevo male un po’ a tutti. Da cosa nasceva? Forse l’età, non lo so. Io mi sono sempre comportato bene con i compagni, però rispondevo ai più grandi, ero un pochino presuntuoso sia con i prof che con i mister. Menomale che me ne sono andato presto e mi hanno dettato le regole… Prima si cresceva molto di più in mezzo alla strada e giocavo contro gente anche di 10 anni più grande di me…e io da piccolo usavo qualche parolina che sentivo da loro”.
EQUILIBRIO – “Sono contento della persona che sono diventato. Mi piaccio, ma non faccio il piacione. Ho trovato un equilibrio per cui sto bene con me stesso. E’ la mia parola di ora. Tutte i giorni devo essere equilibrato. Ho avuto la fortuna di trovare l’equilibrio a 26 anni. Prima mi arrabbiavo spesso ed ero negativo, poi ho trovato il mio equilibrio interiore e sono rinato. Mi sono fatto aiutare da me stesso e basta. Si può trovare equilibrio dalle risorse interiori e dagli avvenimenti che accadono nella vita familiare, affettiva e lavorativa”.
LA PISTARELLA – “Sotto casa a Foligno ci sono spazi verdi con scivoli e altalene, ma non per le partitine. C’era questa pista di pattinaggio che usavamo tanto, mentre adesso vedo che viene usata di meno perché sono cambiati i tempi. Noi stavamo lì d’estate dalla mattina alla sera. O giocavamo a nascondino o facevamo tornei di calcio e tedesche. La mattina tedesca dalle 10 alle 13, poi rientravamo a pranzo e dalle 16 i tornei”.
INSEGNAMENTO – “Puoi studiare quanto ti pare, ma poi serve la pratica. E’ normale che serve studiare ed essere acculturati, però l’esperienza della vita conta molto“.
BAMBIN GESU’ – “Ho avuto la fortuna e la sfortuna – ma penso più la fortuna, per quello che mi hanno dato – di andare là tre volte a visitare sia i bambini che i genitori, perchè sono famiglie intere che soffrono. Il mio pensiero è andato a loro quindi i proventi del mio libro saranno dati tutti in beneficenza al Bambin Gesù”.
FERITE – “A gennaio di due anni fa dovevo andare all’Inter. Ringrazierò sempre quei tre giorni a Milano che mi hanno dato una botta, mi hanno ferito. Ferite profonde? Alle medie, fino a 14 anni, mi portavano un po’ in giro perchè avevo i denti grandi e mi dicevano castoro. E’ stato un po’ un complesso, mi cantavano ‘Siamo tre, papà castoro’ e mi arrabbiavo. Poi crescendo ho capito che la cosa più bella che ho è questo sorriso”.
BULLISMO – “A chi lo subisce dico che sono migliori di chi lo fa. Chi parla tanto degli altri non è molto sicuro di sè stesso”.
QUINTANA – “E’ come il Palio per Siena. Sono tutti rioni che tutti gli anni hanno due sessioni dove fantini e cavalli devono centrare degli anelli, prima grandi e poi sempre più piccoli, con una lancia lunghissima. Il bello di quell’avvenimento è che tutta la città si unisce. E per 15 giorni i rionali vanno a servire perchè si può andare a mangiar enei rioni”.
AI FORNELLI – “Mamma fa l’amatriciana, mentre io… cucinavo quando vivevo da solo. Cosa? Un piatto di pasta in bianca, ravioli già fatti con salsa di pomodori pronta…meglio non venire a mangiare a casa mia”.
CUCINA INTERNAZIONALE – “Il sushi mi piace molto. Prima, quando c’è stato l’exploit del sushi, mi sembrava un po’ modaiolo. Dopo un mio amico che giocava con me alla Virtus Foligno ha aperto a Spoleto un ristorante di sushi. E quindi con il nostro gruppo siamo andati a provarlo. Da lì ho iniziato a dire che era buona e ora con Miriam lo mangiamo una volta a settimana”.
TATUAGGIO – “Io ho un maori tatuato che ho fatto a pezzi dall’età di 17 anni. 5 anni fa ho finito tutto il braccio. Ho fatto un primo pezzo e ci sono andato avanti per 2 anni perché non volevo tutto il braccio subito. Sono ormai passati 10 anni da quando ho iniziato a farlo e ogni volta che lo guardo allo specchio mi piace”.
BRAVO RAGAZZO – “Io sono sicuro di me stesso. Mi guardo e mi dico che sono un bravo ragazzo, poi chiedo conferma a mia moglie… Avere rispetto ed essere educato sono i concetti che ti rendono un bravo ragazzo. E sono cose che vorrei insegnare a mio figlio”.
MIRIAM – “Lei nell’estate del 2010, quando il tormentone era Waka-Waka, è entrata nel mio gruppo di amici tramite un’amica in comune. Io tornato da Siena, a giugno. Lei era piccola, poi quando l’ho rivista dopo un anno… Io da due anni stavo fuori e mi sentivo più grande, per me lei era una ragazzina. La prima volta che l’ho vista stavamo in piscina a casa di un’amica e mi sono detto ‘Madonna quanto è bella’. E mi sono subito presentato… Lei faceva un pochino la fenomena. Le avevano detto che io non ero bravo, serio, che non si doveva fidare… ma io non ero nemmeno mai stato fidanzato. Poi ci conosciamo, balliamo alla Sagra della Rocciata di San Giovanni Profiamma, vicino a Foligno. Eravamo lì, c’erano tutti balli di gruppo. Ridevamo sempre, lei stava bene. Il corteggiamento è nato nel divertirsi in gruppo, io pressavo un pochino. E poi me ne sono andato in ritiro e le ho detto ‘meglio di no, fai la tua vita’. Lei subito non ha trovato terra fertile sotto i suoi piedi…ed è venuta dietro di me. Ora io e Miriam vogliamo stare sempre insieme. Lei è la mia migliore amica, la mia amante, la mia fidanzata, mia moglie, la madre dei miei figli. E’ tutto. Non ho bisogno di tanta gente, mi basta avere lei e ora mi basta avere anche noi 4 più il cane. La critica che mi fa? Mi dice che sono sempre buono, ma è difficilissimo cambiare. Tendo a fidarmi degli altri, non voglio rotture. Se poi prendo qualcosa da dietro…non fa niente. Si va avanti, tolgo quella persona e basta”.
MATTARELLA – “Non mi aspettavo il suo saluto e dentro di me sono morto dal ridere quando l’ho sentito dire ‘dov’è quello con le stampelle‘.
INFORTUNIO – “Mi è dispiaciuto molto, stato giocando un torneo incredibile, alla grande, il più importante della mia carriera. Non me l’aspettavo, mi sentivo da dio e di volare in campo”.
MANCINI – “Penso che mi voglia tanto bene. Tutte le volte che mi parlava, mi stuzzicava e solo a me diceva di non fare questo o quello… Quando una persona ti sta sempre addosso, vuol dire che ti vuole bene e me l’ha fatto capire anche prima dell’Europeo. Mi sono sempre sentito parte della squadra e ho sempre sentito la stima che aveva nei miei confronti”.