TOKYO – Fa le corna Ivan Zaytsev (foto) a meno di 24 ore dall’inizio della sua terza olimpiade. A Londra ha vinto il bronzo, a Rio è arrivata una splendida medaglia d’argento dietro ai padroni di casa del Brasile e per completare la collezione delle medaglie ne manca solo una, quella del metallo più pregiato. Lo Zar di Spoleto sarà ancora il capitano della nazionale di pallavolo guidata dal tecnico Gianlorenzo Blengini, che esordirà questa notte (24 luglio ore 2) nel girone di qualificazione ai quarti di finale di Tokyo 2020.
La nazionale azzurra parte come possibile outsider tra le favorite Russia, Brasile e Polonia. Il girone preliminare dell’Italia (Canada, Giappone, Iran, Italia, Polonia, Venezuela) non è assolutamente proibitivo e probabilmente, sorprese a parte, la sfida con la Polonia potrebbe stabilire l’eventuale prima classificata. Le difficoltà per Zaytsev è compagni potrebbero arrivare ai quarti di finale perché il girone B è un girone di ferro con Argentina, Brasile, Francia, Russia, Stati Uniti e Tunisia. Si parte questa notte con la sfida contro il Canada, poi subito lunedì 26 luglio alle 7 e 20 del mattino (ora italiana) è previsto il big-match contro Polonia.
Zaytsev è sicuramente il giocatore più rappresentativo di questa nazionale. A 33 anni è il leader del volley azzurro degli ultimi 10 anni, ma come tutti sanno la sua storia parte da Spoleto in Umbria.
Ma perché Spoleto? Il papà Vjačeslav Zajcev alle fine degli anni ottanta ha vestito la maglia della Olio Venturi Spoleto in A1 e si era trasferito in Umbria con la moglie Irina Pozdnjakova campionessa sovietica di nuoto. A raccontare il suo “debutto in società” è proprio lo “Zar di Spoleto” nel libro autobiografico “Mia”.
“Il 2 ottobre del 1988 fra me e mio padre ci sono più di novemila chilometri di distanza. E un po’ di quella distanza rimarrà per sempre. Io mi trovo a Spoleto, Umbria, lui a Seul, Corea del Sud. Io nell’Ospedale civile San Matteo degli infermi, lui nel palazzetto dello sport di Jamsil. Io nel reparto maternità, lui in campo. Io con la mamma, lui con la Nazionale sovietica di pallavolo. Io sono alto cinquantacinque centimetri, lui un metro e novantuno. Io peso quattro chili e quattrocento, lui una novantina di chili. Io alle dieci e dieci apro gli occhi al mondo, e intanto lui il mondo se lo gioca nella finale olimpica. È una domenica. Di quel giorno io non ho ricordi, se non per sentito raccontare da mia madre. È una domenica che comincia subito già nella notte di sabato grazie ad una questione di fusi orari: mia mamma è a casa con una coppia di amici e Rina, un’ostetrica, a guardare la finale olimpica alla tv, in diretta. Proprio nel mezzo della notte, e della partita, si vede che anch’io sento la partita e alla mamma scattano le contrazioni. Corsa all’ospedale e, alle dieci e dieci, il mio debutto in società”.
Ora però attendiamo con ansia il debutto in campo e a Spoleto naturalmente tifanno tutti Ivan e la nazionale azzurra.